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Banbhore #2. La fase pre-islamica
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Banbhore #2. La fase pre-islamica

Categorie: Archeologia e Patrimonio

….e, finalmente, un nome!

Formazione sul campo
Formazione sul campo

Per circa un millennio e mezzo, il sito di Banbhore è stato una delle chiavi strategiche di accesso al Sindh e alle ricchezze d’Oriente, d’Occidente e dell’Asia Centrale. Qui si potevano comprare vetri Siriani, pietre preziose e semi-preziose (varie qualità di agata ed onice, turchesi, lapislazzuli, rubini). Ma anche prodotti più insoliti,  come i falchi dall’Asia Centrale, o ancora tessuti di cotone, pregiate sete molto richieste in Egitto o le porcellane provenienti dalla Cina e dal Sud Est asiatico, zafferano e veli dal Khorasan. Non mancava il vino, tinture quali indaco e porpore, aromi e spezie, perle, ambra e naturalmente schiavi esperti in molte arti. Il sito di Banbhore è stato un importante centro religioso e meta di pellegrinaggi ai  templi Indù e Buddhista. Secondo la tradizione, proprio qui approdarono l’Apostolo Tommaso e il Profeta Mani quando si recarono in Oriente per predicare la propria fede.

Una rilettura delle fonti scritte ha permesso di ipotizzare che il sito di Banbhore potesse essere il famoso porto di Alessandro il Macedone di cui parla Arriano. Le fonti scritte confermano una presenza Seleucide in Sindh, fino alla conquista dei Parti (II secolo a. Cr.-III secolo d. Cr. circa) e il controllo da parte dei Saka e degli Sciti, che tuttavia avrebbe consentito al sito di proseguire nelle sue attività redditizie. Segue un dominio da parte dell’ultimo epigono del regno Kushana del nord (inizio secolo III d. Cr.) che avrebbe dato nuova vita al sito fondando il proprio impero. I dati permetterebbero di avanzare inoltre l’ipotesi che le vestigia di Banbhore possano essere identificate con il porto-emporio di Barbarikon descritto dal Periplus Maris Erythraei (c. 65 AD), che ‘emergeva dalle acquee del fiume Indo come un’isola’.

L’ipotesi di  fasi “preislamiche” di popolamento del sito sono riconducibili all’analisi delle strutture architettoniche e dell’urbanistica, come la cinta muraria e torrioni con le loro forme tipiche. La cinta muraria denota infatti varie fasi di ristrutturazione e consolidamento. Sono state svolte, quindi, campagne di studio mirate a confrontare le strutture rinvenute con fortificazioni di periodo Seleucide, Partico e Kushana. Analogie importanti sono state identificate con regioni del corso settentrionale dell’Indo,  a Begram (attuale Afghanistan), a Tirmidh (attuale Uzbekistan), ed altre fra cui lo stesso Swat. I confronti con le fortezze Sasanidi del Golfo (Bahrein, Kush, Siraf et alia) riportano nettamente al sito di Banbhore.

Altrettanto interessanti sono i raffronti dei sistemi dell’organizzazione delle acque interne: ad esempio, la canaletta che adduce le acque da condensa dell’umidità notturna a un pozzo in pietra sbozzata ricoperta da malta, e i canali di deflusso esterno delle acque interne del sito, i cui sbocchi sono ben visibili nella cinta muraria.

Infine, l’organizzazione del territorio circostante ha restituito quartieri di appoggio, aree cimiteriali, e un importante ponte-diga in grossi blocchi appena sbozzati, molto simile alle gabrband e relative massicce strutture in Makran e Kharan.

Studio delle trincee di scavo

Dalle trincee di scavo sono emerse monete, ceramiche, porcellane cinesi di importazione, oggetti in metallo che denotano una notevole abilità di fusione e lavorazione e vetri di probabile provenienza siriana. Gli assemblaggi fra la ceramica restituita e i relativi livelli di riferimento hanno delineato un primo quadro della complessità delle relazioni in epoca pre-Islamica fra il sito Banbhore e altri siti archeologici, sia nell’entroterra che lungo le fasce costiere Arabica ed Iranica, e il sud-est asiatico.

Nel 2016 è stato infine possibile dare un nome storico al sito di Banbhore: Dib (per le fonti scritte in lingua Araba) / Deb (per le fonti scritte in lingua Persiana), con specifico riferimento all’epoca Sasanide (inizio secolo III-VIII d. Cr.). Per il periodo Islamico si ritrova regolarmente citata un’importante città portuale alle foci dell’Indo, denominata Daybul/Dybul (in lingua Araba) e Debol (in lingua persiana). Una ricca letteratura in lingue araba e persiana inoltre, essenzialmente cronachistica, e opere di viaggiatori e mercanti, confermano i dati emersi dagli scavi e consentono di dare un nome storico al sito di Banbhore.

 

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Trincea 9

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