Brevi cenni per scoprire l’archeologia.

La nascita degli studi archeologici in Italia. Prima parte
L’Italia, con il suo ricco patrimonio storico, artistico e archeologico ha dato vita a esperienze e riflessioni metodologiche, impersonate da figure di spicco della cultura italiana, che difficilmente possono essere condensate in poche parole, ma che hanno portato il paese ad avere una preminenza internazionale nei campi dell’archeologia, della tutela del patrimonio culturale e del restauro.
Per secoli l’Italia ha attratto viaggiatori, pellegrini e studiosi che l’hanno visitata riportando nelle patrie di origine la cultura greco-romana favorendo, ad esempio, lo sviluppo di modelli estetici basati sulla classicità di cui Johann Winckelmann fu il massimo teorico, gli studi d’arte e di storia antica, come anche di epigrafia e di numismatica.
Il Grand Tour ben rappresenta questo costante flusso di personalità diretto verso l’Italia e le tappe del viaggio si sono arricchite nel tempo al momento della scoperta e dello studio di importanti siti come, ad esempio, Ercolano (1738) e Pompei (1748), nel Regno di Napoli, i cui scavi furono promossi dal re Carlo III di Borbone.
Le scoperte archeologiche e le acquisizioni di collezioni private portarono alla nascita di diversi musei come i Musei Capitolini (1734), il museo Pio-Clementino o il Real Museo Borbonico (1816), erede delle collezioni volute da Carlo III e da Ferdinando IV di Borbone nel secolo precedente. Importanti figure di archeologi e storici dell’arte come Johann Winckelmann, Giovanni Battista Visconti ed Ennio Quirino Visconti, padre dell’archeologia filologica, sono legate alla nascita di queste istituzioni.
Le continue scoperte archeologiche e gli scavi, spesso clandestini, dei siti portarono ad un aumento delle opere d’arte e dei manufatti storico-artistici collezionati da privati o di proprietà dei sovrani dell’epoca, ma crearono anche i presupposti per innovazioni normative a tutela dei beni archeologici ed artistici come testimonia l’avanzata legilaslazione pontificia dell’inizio del XIX secolo che, con il chirografo del 1802 redatto da Carlo Fea e poi con l’editto del cardinale camerlengo Bartolomeo Pacca nel 1820, pose le basi per la tutela ed il censimento del patrimonio artistico dello Stato Pontificio divenendo un modello per gli altri stati pre-unitari. L’importanza della legislazione a tutela dei beni culturali è continuata anche dopo l’Unità d’Italia e ne è un esempio, in anni recenti, il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (2004).