Intervista con la Direttrice Katia Pizzi.

Riflettori su: Istituto Italiano di Cultura di Londra

A cura di Basilio Toth
La nostra rubrica “Riflettori su” continua con l’Istituto Italiano di Cultura di Londra e la sua Direttrice.
Laureata all’Università di Bologna, Katia Pizzi ha conseguito il Dottorato di Ricerca (PhD) presso l’Università di Cambridge. Dal 1994 al 2020 ha insegnato Italian Studies presso le Università del Kent e di Londra dove ha diretto il Centre for the Study of Cultural Memory presso la School of Advanced Study a partire dal 1999. La sua ricerca si colloca tra letteratura, storia e arti visive e performative: ha curato volumi che spaziano dalle identità urbane durante la Guerra Fredda, le memorie storiche dei confini, fino a Pinocchio e il corpo meccanico. Dal gennaio 2020 Katia Pizzi dirige l’Istituto Italiano di Cultura di Londra.
Può tracciare, per le lettrici e i lettori di Italiana, un ritratto dell’Istituto Italiano di Cultura da lei diretto e della sua storia?
L’edificio che ospita l’Istituto Italiano di Cultura a Londra si trova a Belgravia al 39 di Belgrave Square su una concessione del Duca di Westminster del 1949. L’Istituto è stato inaugurato nel 1950. Ha sempre avuto grandi direttori sin dall’inizio, come pure ha avuto come suoi invitati personaggi di grande spessore come Italo Calvino, Primo Levi, Roberto Calasso, Gaia Servadio. Ma l’Istituto Italiano di Cultura ha sempre ospitato anche grandi personaggi della letteratura inglese tra i quali T.S. Eliot, Antonia S. Byatt, Hanif Kureishi, Anish Kapoor.
Come racconterebbe la città e la sua scena culturale. Quali sono i piú importanti rapporti di collaborazione che l’Istituto intrattiene con istituzioni ed operatori culturali?
Londra è una delle grandi capitali globali. È sede di un grande mercato dell’arte e qui si trovano la National Gallery, il British Museum, il Victoria and Albert Museum e una vita teatrale molto importante nel West End. È un contesto ricchissimo dal quale attingere ma al quale anche contribuire per arricchirlo ancora. Nel cinema ad esempio abbiamo la collaborazione con il British Film Institute (BFI) e sosteniamo, tra gli altri, lo UK Jewish Film Festival e lo Sheffield Documentary Film Festival, per non parlare dell’iniziativa più importante che è una sinergia con la Biennale del Cinema di Venezia, la “Biennale della Rinascita”, dopo il Covid, che vede il coinvolgimento dei principali soggetti italiani qui presenti, a partire dall’Ambasciata, l’ICE, la Camera di Commercio. L’iniziativa porterà a novembre a Londra le eccellenze cinematografiche italiane in un clima sperabilmente “post pandemico”. Notevole è anche la collaborazione con la National Gallery, con l’Art History Festival a fine settembre, che include, tra gli altri, il talk di Silvia Rosi, un’artista italiana-togolese formatasi a Londra. Poi voglio citare anche gli eccellenti rapporti di collaborazione con molte altre istituzioni artistiche e culturali come la Hayward Gallery, la Serpentine e la British Library. Ma l’Istituto Italiano di Cultura ha anche forti legami in tutti gli ambiti ed anche al di fuori di Londra. Abbiamo ad esempio promosso un fumetto sul Commissario Montalbano – e qui il Commissario creato da Andrea Camilleri è molto apprezzato – che sta circolando nei Festival del fumetto fuori Londra e sta raccogliendo un grande successo. Forse la pandemia in questo ci ha aiutati portandoci ad esplorare nuove possibilità, constatando ad esempio quanta sete di cultura italiana ci sia fuori Londra.
In un contesto caratterizzato dalla Promozione Integrata dove tutte le componenti del “Sistema Italia” contribuiscono e mirano al successo complessivo e specifico di una proposta ambiziosa nelle sue diverse sfaccettature quali sono le migliori esperienze di questa Sede?
Il “Sistema Italia” è importantissimo ed abbiamo stretti rapporti di collaborazione con Ambasciata, ICE, Camera di Commercio e si vede in particolare nel lavoro che facciamo con la Biennale e per portare le eccellenze del cinema italiano a Londra. Grande è stato anche il riscontro positivo dei testi di Dante mettendo su un Tour virtuale nelle maggiori biblioteche del mondo che posseggono testi Danteschi nel quadro del 700mo di Dante. È stata un’esperienza esaltante. Abbiamo una collaborazione molto stretta con l’Ambasciata per esempio in occasione del webinar sul futuro delle Arti Visive (fotografia, pittura, scultura) con il coinvolgimento dei più grandi direttori di gallerie d’arte organizzato a ridosso della pandemia e che è stato seguito da più di 600 persone. Ha destato molto interesse su quelle che sono le aspettative e timori dell’era pandemica. Abbiamo ottimi rapporti con il Consolato di Manchester ed anche con Edimburgo e Dublino. Le sinergie sono molto strette come nel caso della promozione dei 700esimo di Dante e del cartone di Geronimo Stilton. Ma in questi ultimi tempi si è sviluppata anche una collaborazione stretta con tutte le grandi sedi, in particolare con New York, Parigi, Berlino, Mosca e con i nostri corrispettivi locali: l’Institut Français, il Cervantes, il Goethe anche nel quadro di EUNIC, la rete degli Istituti nazionali di cultura della UE. Con l’Institut Français abbiamo da un decennio ormai una collaborazione sul Cinema Made in Italy – che da noi è promosso in collaborazione con LUCE/Cinecittà – e che ospita una rassegna annuale di cinema italiano. L’ultima della serie l’abbiamo tenuta online ma speriamo di poterla riproporre l’anno prossimo in presenza.
Che ruolo gioca la comunicazione nel rapporto con il pubblico dell’Istituto? Quali strategie innovative approcci e modi di lavorare sono stati adottati negli ultimi tempi per mantenere e facilitare questa relazione.
La comunicazione è un po’ l’anima dell’Istituto e lo è stata soprattutto nel periodo pandemico. L’Istituto si è quindi dotato di piattaforme e di un canale Vimeo e la registrazione di eventi dal momento che abbiamo dovuto interrompere il contatto con il pubblico. Si è rivelato uno strumento di grande impatto e credo che continuerà ad esserlo. Ricordo in particolare una bellissima conversazione con Luciano Floridi e Maurizio Ferraris sull’Intelligenza Artificiale che ha raggiunto un livello altissimo ed è stata molto seguita. Abbiamo molto potenziato i nostri social media. Siamo su Instagram e con le rassegne musicali e la serie sulle ‘Blue Plaques’ di Londra abbiamo raggiunto il pubblico più giovane. La comunicazione è sempre stata importante ma adesso lo è anche di più. Credo che continueremo a sperimentare formule ibride. Recentemente da un sopralluogo del nostro archivio sono venute fuori cose eccezionali come per esempio registrazioni di incontri con Roberto Calasso, Marina Warner e Salman Rushdie e uno con Umberto Eco. Abbiamo intenzione di valorizzare rilanciando questi contenuti di grande qualità. Abbiamo un bacino di utenza potenziale enorme, ci stiamo attrezzando e già abbiamo dei riscontri molto incoraggianti. In ottobre faremo eventi in una modalità ibrida.
Sia pure gradualmente ed in maniera non omogenea in tutte le aree e Paesi stiamo uscendo dalla fase emergenziale. É giunto il momento di disegnare la nuova normalità. Quali approcci sarà opportuno adottare alla luce dell’esperienza di questa Sede, come si immagina i prossimi anni di attività?
Credo che dovremmo mantenere un approccio polivalente anche perché l’uscita dalla pandemia non sarà dall’oggi al domani. L’idea di poter riprendere le attività riportando tutto a così com’era penso sia illusoria. Avremo piuttosto un periodo di transizione. La sede nei mesi del Covid-19 è stata punita: per esempio non abbiamo un cortile nel quale allestire eventi all’aperto e poi abbiamo anche forti vincoli di concessione. Nella fase transitoria abbiamo però aperto parzialmente la biblioteca ed abbiamo creato e ottenuto collaborazioni importanti. Al British Film Institute per il Festival in programma in ottobre saranno presenti importanti titoli e registi italiani, da Sorrentino a Samani. Cultura significa non solo eventi e conferenze ma anche per esempio le traduzioni di testi della letteratura italiana, un po’ sull’abbrivio del successo nei Paesi anglofoni di Elena Ferrante. Abbiamo promosso quindi le traduzioni. Un analogo discorso abbiamo portato avanti con i fumetti. Stiamo sviluppando il tema human-post human-machine nel quadro degli sviluppi sulla robotica e l’Intelligenza Artificiale. L’Inghilterra è stata la patria della rivoluzione industriale. Adesso esiste una tendenza al recupero di quella esperienza per esempio in città di grande tradizione industriale come Manchester. In tale contesto stiamo inserendo anche la storia della tecnologia e dell’industria italiana. In questi tempi di Brexit diventa anche importante svecchiare l’immagine del nostro Paese ed affermare la sua grande forza industriale, anche dal punto di vista delle culture industriali. Continueremo ad essere flessibili e resilienti. A tale riguardo continueremo a promuovere la cultura del libro che resta lo strumento tecnologico di cultura più antico ma anche più bello del mondo. Il libro sopravviverà a tutte le altre tecnologie.