L’Archivio Storico Diplomatico del MAECI conserva eccezionali testimonianze documentali delle scuole italiane all’estero.
Una scuola italiana a Tunisi alla fine dell’800
Per la rubrica “Le carte e la memoria”, a cura di Isabella Proia e Cecilia Ciatti, ci occupiamo questa volta dei fondi archivistici relativi alle scuole italiane all’estero del periodo postunitario, conservati presso l’Archivio Storico Diplomatico del MAECI.
Numerosi sono i documenti che racchiudono testimonianze inedite da cui emergono protagonisti e particolari vivi della vita scolastica di fine Ottocento. Subito dopo la promulgazione del R. decreto e del Regolamento voluti da Crispi nel 1889, che costituirono il primo testo organico sull’ordinamento delle scuole italiane all’estero, a Tunisi erano attivi tutti i gradi di istruzione, dal giardino d’infanzia alle scuole superiori. La città era stata tra le prime in cui si era deciso di fondare scuole italiane a supporto della comunità di connazionali residenti. Vi erano due giardini d’infanzia, una scuola elementare femminile e una maschile, mentre per l’istruzione superiore erano attive una scuola tecnico-commerciale e un ginnasio, unico istituto di tale tipologia esistente tra le scuole governative.
Dal 1887 la direttrice del R. Giardino d’Infanzia “Garibaldi” in Tunisi fu Giovanna Nardini (1861-1948), che tenne le redini della scuola almeno fino al 1923. Nata a Fano nel 1861, si era formata alla scuola della pedagogista Angiola Bianchini, fra le prime a conoscere e divulgare il metodo didattico di Froebel in Italia, ed autrice di un famoso “Manuale per gli asili d’infanzia…” che fu stampato in varie edizioni.
I resoconti sull’andamento della scuola di Tunisi, trasmessi dalla direttrice Nardini al Direttore centrale del distretto, permettono di toccare con mano i problemi quotidiani cui si doveva far fronte. Nella relazione annuale del 1890-1891, ad esempio, si rendeva conto del numero straordinario di bambini che si erano presentati per l’iscrizione. Su ben 250, solamente poco più della metà poterono essere accettati. Approfittando della grande richiesta si riuscì a convincere le famiglie a presentare la fede di nascita e il certificato di vaccinazione; documenti che sarebbero stati obbligatori venivano ottenuti come titoli di preferenza per l’iscrizione. All’inizio dell’anno scolastico la scuola contava cinque classi, ognuna di sessanta bambini: un numero impensabile in una scuola di oggi.
Come ogni giardino d’infanzia del Regno, l’asilo Garibaldi seguiva il metodo didattico froebeliano, che perseguiva lo sviluppo armonico e l’autonomia del bambino anche attraverso il gioco, differenziato in base all’età. Ai bambini venivano proposti “doni” – ad esempio palla soffice e dura, cubi, mattoncini in legno – che venivano usati in attività via via più complesse. Seguendo il pensiero della sua insegnante Angiola Bianchini, di cui aveva adottato il Manuale come testo scolastico, anche Giovanna Nardini era consapevole della difficoltà di applicare in pratica i dettami teorici previsti dal metodo froebeliano. Nell’asilo Garibaldi si decise quindi di introdurre gli esercizi più adatti alla realtà locale. Oltre alla nomenclatura di cose concrete e astratte e a nozioni di aritmetica, disegno, ginnastica, ballo e canto si facevano “costruzioni con cubi e mattoncelli”, esercizi “con stecchetti e steccoline” e anelli. Ci si dedicava poi alle attività di “intreccio e tessitura”, “piegatura”, “infilatura di margherite”.
Sempre nella relazione sull’anno scolastico 1890-91, Giovanna Nardini espose incisivamente le proprie opinioni riguardo alla proposta, avanzata da alcuni notabili, di permettere ai bambini più ricchi di portare il pranzo da casa, differenziando così il vitto scolastico in base al reddito. Una disparità di trattamento che non avrebbe fatto onore all’asilo, “esempio di vera scuola di uguaglianza, degno del nome che porta”. La direttrice era in effetti nota per il suo carattere fermo, che ebbe anche a destare qualche scontento nella comunità locale, ma una valutazione ispettiva del 1920 non poté che riconoscerne le grandi qualità e l’ottima efficacia didattica, che rendevano l’asilo Garibaldi una scuola molto apprezzata.
Giovanna Nardini ottenne vari riconoscimenti, tra cui un diploma di medaglia d’argento per lavori froebeliani inviati all’Esposizione nazionale di Torino del 1898. Rientrata in patria dopo il collocamento a riposo, ereditò in parte i beni della sua insegnante, Angiola Bianchini, e si occupò di conservarne la memoria, fino alla morte avvenuta nel 1948.