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A Caracas uno spettacolo di danza inspirato alla TRAVIATA
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A Caracas uno spettacolo di danza inspirato alla TRAVIATA

Categorie: Danza
Traviata è il primo capitolo del progetto “Corpo d’Opera”, firmato da Monica Casadei, che si propone di tradurre nel linguaggio della danza i melodrammi più celebri del più amato compositore italiano.
Pablo Alejandro de la Barra Prensa Teatro Teresa Carreño @nadieramirezcualquiera

Lo scorso 21 settembre, L’Istituto Italiano di Cultura di Caracas, in collaborazione con il Teatro Teresa Carreño, ha presentato l’evento Traviata, della Compagnia Artemis Danza nella Sala José Félix Ribas del Teatro Teresa Carreño. Traviata è il primo capitolo del progetto “Corpo d’Opera”, firmato da Monica Casadei – eclettica coreografa italiana formatasi fra Italia, Inghilterra, Francia e vari soggiorni in Oriente, dedicato al celebre Maestro Giuseppe Verdi – che si propone di tradurre nel linguaggio della danza i melodrammi più celebri del più amato compositore italiano. Lo spettacolo è forse il più noto ed iconico di Casadei, che a distanza di 11 anni dal debutto continua ad essere rappresentato in Italia e nel mondo. Traviata è un viaggio coreografico, in cui la danza e l’opera duettano, dando corpo a un fluire di immagini senza nessuna volontà di aderenza all’opera stessa, pur rimanendo legato al dramma di Violetta. Un viaggio in cui vibra il sentimento amoroso di chi spera, legato tragicamente alla sensazione di sapere che tutto finisce, mentre si consuma il conflitto tra singolo e società, pubblica facciata e privato sentire. Una Traviata, letta dal punto di vista di una Violetta contro tutti, al centro di una società maschilista rappresentata da un coro in nero. Violetta moltiplicata in tanti elementi femminili, disprezzata, che anela, pur malata, pur cortigiana, a qualcosa di puro. Violetta contro cui si scagliano le regole sociali espresse dal padre di Alfredo, Giorgio Germont, emblema di una società dalla morale malsana. Una società in cui per certi versi si rispecchia a distanza anche la nostra. Nello spettacolo Violetta danza in mezzo a altre Violette, con una gonna bianca, che è la gonna della festa, quest’ultima espressa dalla celebre frase:  “libiam ne’ lieti calici”, ma che è anche simbolo di dolore in un assolo danzato di schiena, dove l’assolo assume il  significato di solitudine, di un viaggio verso la morte. Nel balletto c’è una diversa valenza tra i colori degli abiti di Violetta, vestita in bianco: speranza di purezza e vestita in rosso, perché le sanguina il cuore. Una storia in cui scorre il senso della fine ad ogni alzare di calice. Dietro i valzer c’è il male che attende. Dietro le feste e la forma, il marciume di una società in vendita, vuota.

Lo spettacolo Traviata ha significato, per Casadei e i suoi collaboratori, entrare nel dramma di Violetta, di questa donna a cui è negata la speranza di un sentimento d’amore, perché, se come prostituta, felice del suo ruolo, avrebbe potuto essere integrata nascostamente dalla società, come cortigiana animata dal desiderio di uscire dal suo destino, non poteva che essere punita dalla malattia, dalla morte, dal disprezzo. Uccisa dall’ipocrisia del coro. Alfredo è nello spettacolo un uomo di poco spessore, schiacciato dalle azioni del padre; infatti appartiene anch’egli al coro. Viene evocato nel balletto più per la scena della festa da Flora, che per le sue dichiarazioni d’amore. La famosa frase dell’opera “E’ tardi” diventa la chiave interpretativa di Traviata della compagnia Artemis Danza. Due parole che risuonano come una campana a morte, perché nulla può essere recuperato. Violetta, in abito rosso, danza e il suo cuore non può che grondare sangue, sangue che è la tisi ma che è anche segno di una ferita interiore da cui non c’è scampo. La società, che tutto vede e controlla, vuole il suo sacrificio: “Sì, piangi, o misera”. Questa visione in bianco e nero, sporcata dal colore rosso e dal dolore finisce con il celebre grido: “Amami, Alfredo”, che ascolteremo in un mix di tante edizioni celebri, un’invocazione che è un grido di morte. Infatti, diversamente dall’opera, dove ascoltiamo “Amami, Alfredo” dopo l’incontro decisivo tra Violetta e il padre di Alfredo, nello spettacolo quest’invocazione è spostata al finale. Un urlo di disperazione, un grido di solitudine, in una Traviata molto femminile, nella quale la partita si gioca sull’esplodere di un’energia fisica di dolore, specchio dell’anima.

Per maggiori informazioni: Istituto Di Cultura – Caracas

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Traviata- Monica Casadei

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