L’Istituto Italiano di Cultura di Montréal presenta dal 10 novembre 2022 al 20 gennaio 2023 la mostra fotografica di Luana Rigolli dal titolo “L’isola degli arrusi 1939”.
Nei primi due mesi del 1939 quarantacinque omosessuali di Catania e di alcuni paesi della sua provincia furono arrestati e mandati al confino sull’isola di San Domino, Tremiti, a più di 700 km di distanza. I quarantacinque catanesi erano uomini tra i 18 e i 54 anni arrestati con l’accusa di “pederastia passiva”, un reato contro il buon costume e l’integrità della razza. Il confino sarebbe dovuto durare 5 anni.
Luana Rigolli è nata a Piacenza nel 1983, attualmente vive a Roma. E’ laureata in Ingegneria Civile ma dopo qualche anno di professione preferisce raccontare con la fotografia cosa la circonda piuttosto che modificare il paesaggio con altre opere di ingegneria. La sua ricerca fotografica si muove prestando attenzione all’analisi storica e alle interazione uomo-paesaggio. Ha esposto in suoi lavori in diverse mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Ha pubblicato su varie riviste, come National Geographic, Mare, Il Post, T Magazine del New York Times.
Abbiamo fatto qualche domanda a Luana per capire come è nata l’idea dell’installazione:
Come ha avuto l’idea o come è venuta in contatto con la storia degli “arrusi”? Qualcuno le ha raccontato direttamente l’accaduto? Ha conosciuto in prima persona alcuni dei sopravvissuti?
Ho scoperto la storia degli “arrusi” tramite il libro “La città e l’isola” di Goretti e Giartosio. Devo essere sincera e dire che non sapevo che durante il fascismo gli omosessuali venissero confinati, perché a scuola si parlava sempre della persecuzione fascista ai danni degli ebrei, zingari e oppositori politici. Almeno trenta/venti anni fa i libri di scuola non parlavano anche di questo aspetto, ora spero che la situazione sia cambiata e ci siano meno tabù. Un giorno in libreria nel reparto Storia ho trovato questo libro che mi ha subito incuriosito per il titolo (dato che io amo le isole). Quando ho letto di cosa si trattava ho capito subito che quella era una storia che avrei voluto approfondire e raccontare con la mia fotografia.
Purtroppo non ho conosciuto nessuno dei sopravvissuti, perché i più giovani erano nati nel 1920, e quindi ora avrebbero più di 100 anni. Nel loro libro, Goretti e Giartosio riescono ad intervistare uno di loro, negli anni ‘90. E ovviamente le loro informazioni per me sono state molto preziose.
Quale vuole essere l’obiettivo della mostra?
Vorrei poter esporre e presentare questo lavoro in più luoghi possibili, perché la gente spesso non conosce la storia. Questo fatto è successo in Italia solo 80 anni fa, non è successo in un luogo remoto e neanche secoli fa, ed è perciò necessario conoscerlo per non poter ricadere negli stessi errori. È vero che in Italia negli ultimi anni sono stati fatti tanti progressi per i diritti civili, ma ci vuole veramente poco per tornare indietro e regredire. Un giorno ho sentito questa frase che penso sia molto significativa: “i diritti acquisiti sono come andare in bicicletta, se non si pedala si cade”. Quindi per poter conservare i nostri diritti dobbiamo continuare a lottare, e mai abbassare la guardia. Se le persone conoscono la storia possono essere anche più forti e consapevoli nell’affrontare il presente e il futuro.
Cosa l’ha colpita maggiormente nelle sue ricerche?
La parte più bella della ricerca è stata forse l’indagine all’Archivio Centrale di Stato, in cui ho trovato tutte le cartelle biografiche dei 45 omosessuali di Catania. Di loro non conoscevo i nomi perché nel loro libro Goretti e Giartosio usano nomi falsi. Ma conoscevo la loro storia, sapevo già quasi tutto di loro. Con pazienza sono riuscita a rintracciarne i nomi e quindi a consultare le loro cartelle. Ricordo che quando ho visto per la prima volta il volto del primo di loro, mi sono quasi messa a piangere per l’emozione. È stato quasi come ritrovare un vecchio amico o un parente che non vedevo da tempo.
Infine, nei suoi studi, è entrata a conoscenza di storie simili che rimangono ancora oggi sconosciute?
C’è da dire che durante il fascismo non sono stati confinati solo i 45 omosessuali di Catania, ma anche altri omosessuali del resto d’Italia. Sicuramente il caso di Catania è stato il più eclatante.
Un’altra storia poco conosciuta che mi piacerebbe indagare in modo più approfondito è la reclusione nei manicomi delle donne che avessero degli atteggiamenti poco conformi all’ideale di donna “angelo del focolare” diffusa nella prima metà del 1900 in Italia. Numerose donne sono state recluse nei manicomi se mostravano cenni di “devianza femminile”, cioè se non avevano predisposizioni all’essere madri docili e remissive. È una storia ancora poco conosciuta e poco raccontata.
Maggiori informazioni su: iicmontreal.esteri.it.