Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l’utilizzo dei cookie.

Preferenzecookies

Intestazione navigazione sito

A New Dehli l'ottava edizione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo
Portale Della Lingua Italiana

A New Dehli l’ottava edizione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo

Categorie: Cultura e creatività -Settimana della Cucina Italiana nel Mondo -Cinema e Audiovisivo
Il ciclo di eventi ospitati dall’Istituto ha visto tre masterclass tenute dallo chef italiano Antonio Cera con una rassegna di film e documentari curata dallo storico del cinema Stefano Francia di Celle.
New Delhi. Settimana della Cucina

Dal 21 al 24 novembre l’Istituto Italiano di Cultura di New Delhi ha presentato la propria programmazione nell’ambito della ottava edizione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo. Il ciclo di eventi ospitati dall’Istituto ha visto tre masterclass tenute dallo chef italiano Antonio Cera con una rassegna di film e documentari curata dallo storico del cinema Stefano Francia di Celle. Durante la settimana si sono svolte anche due tavole rotonde, incentrate sul legame tra agricoltura e slow food e su come il cinema abbia contribuito a definire un approccio più olistico al cibo, soprattutto in un Paese come l’Italia, dove paesaggio, agricoltura, allevamento e pesca hanno costruito identità culturali, comunità radicate in gesti secolari che danno vita ad una tradizione culinaria originale e ricca, riconosciuta nel mondo per le sue qualità.

Antonio Cera è il fondatore di Grani Futuri, movimento nato per sensibilizzare la collettività sull’agricoltura sostenibile e sull’importanza della cultura del pane ottenuto da grani di qualità. Grani Futuri vuole coinvolgere i partecipanti alle masterclass di cucina e gli spettatori del festival cinematografico in una comprensione più ampia del sistema alimentare, mostrando come la rivoluzione verde stia cambiando la percezione della cultura del cibo. In particolare, il festival si sviluppa attorno all’interconnessione di ogni singolo aspetto della catena alimentare e delle abitudini alimentari della vita quotidiana, promuovendo al contempo un nuovo scenario in cui imparare dal passato, connettersi con tradizioni secolari genera una dimensione più profonda e sostenibile finalizzata ad una sana ed equa condivisione delle risorse. Forse la cultura del cibo è la dimensione più vicina alla comprensione delle criticità di un pianeta che si trova ad affrontare nuove sfide e che esige risposte nuove e coraggiose. Il cibo è solo una tappa di un processo molto più complesso che inizia con l’agricoltura, l’allevamento, la pesca, con la comprensione dei processi naturali e della biodiversità e si conclude con la condivisone dei suoi frutti.

Come sottolinea Stefano Francia Di Celle nella sua introduzione alla rassegna cinematografica :

“Il cibo, in quanto elemento culturale primario, si presta allo studio delle culture e delle identità. L’antropologia – come scienza della cultura – è fondamentale. Viceversa, lo studio della gastronomia senza una prospettiva antropologica si svuota del significato più profondo che il cibo ha per l’uomo”.

Il cinema è un mezzo potente di analisi e di conservazione della cultura orale e della tradizione. Lo capì bene Pier Paolo Pasolini che, verso la fine degli anni Cinquanta, prima di approdare al cinema di finzione con Accattone, fece parte di un composito gruppo di antropologi, fotografi, psicologi, giornalisti che in Italia fondò le basi del cinema etnografico. Determinante nell’attività di questi intellettuali l’influsso del neorealismo – fenomeno tipicamente italiano che ha stimolato molti cineasti nel mondo – e il pensiero dell’antropologo Ernesto De Martino che proprio in quegli anni scavava senza sosta e con grande acume nel giacimento enorme di cultura popolare italiano. In questo contesto l’agricoltura, la pesca, le tradizioni culinarie e il cibo sono diventati protagonisti assoluti di opere che hanno instaurato un rapporto stretto con la realtà. Il cuore della rassegna dell’Istituto Italiano di Cultura di New Delhi prende origine da questi elementi che ritroviamo, attualizzati e trasformati, anche nel cinema contemporaneo. È il caso de La restanza di Alessandra Coppola che dimostra come l’impegno civile di una giovane artista che ha studiato danza, teatro e cinema e ha realizzato progetti di ricerca si possa esprimere compiutamente attraverso un documentario “partecipato”, costruito cioè in stretto contatto con una comunità che decide di tornare alle origini e riscopre nell’agricoltura e nel cibo valori umani fondamentali. Ed è anche il caso de I villani di Daniele De Michele che parte dall’idea di esplorare l’essenza della cucina italiana e mette a confronto modernità e patrimonio culturale raccontando le scelte radicali di sei persone – dedite all’allevamento, all’agricoltura, alla pesca e alla produzione di vino – che intendono il cibo come atto non prettamente alimentare ma sociale per opporsi alla globalizzazione del commercio e alla perdita delle tradizioni. In quest’ottica la cultura italiana rappresenta un baluardo importante per la stupefacente biodiversità e per la ricchezza enorme di culture che poggiano saldamente le loro basi su cucina e tradizioni enograstronomiche. Per questo abbiamo voluto ritornare a analizzare come l’importante fenomeno dello Slow Food sia nato grazie a Carlo Petrini in Piemonte, lo facciamo con il documentario Slow Food Story di Stefano Sardo che ha realizzato un ritratto importante del fenomeno culturale e commerciale che ha creato un vero e proprio modello replicabile anche in altri territori del mondo.

Il concetto di condivisione alla base della pratica documentaristica è anche il motore di due opere di finzione che completano la rassegna. Omelia contadina di JR e Alice Rohrwacher lo fa mettendo in scena in un cortometraggio una rappresentazione antica collettiva che utilizza elementi del fare artistico contemporaneo per ragionare sulla minaccia che grava sul paesaggio agrario a causa del proliferare di monoculture intensive. Mentre La cena perfetta di Davide Minnella è uno delle più riuscite commedie realizzate recentemente sul tema del cibo e della cucina, elementi spesso presenti nel genere della commedia all’italiana che ha saputo tratteggiare con intelligenza vizi e virtù della società italiana. I due bravi attori protagonisti sono gli eredi di Alberto Sordi, Sofia Loren, Franca Valeri e tanti altri attori italiani che hanno dato valenza e importanza narrativa alla cucina e a tutti i suoi elementi, il cibo visto come collante di una società frammentata e divisa. In particolare il personaggio di Salvatore Esposito, Carmine, ha una forza tutta particolare: all’inizio ha delle assonanze con la cupezza e la forza del ruolo che lo ha reso celebre, il camorrista Gennaro Savastano nella serie Gomorra, ma nel corso del film il desiderio di riscatto e la determinazione con la quale immagina una sua nuova vita affrancata dalla malavita si accendono proprio grazie alla cultura del cibo. Questo incontro si incarna nel personaggio Consuelo interpretato da Greta Scarano, la chef tormentata che grazie alla tradizione popolare di cui Carmine è naturalmente portatore arriva all’obiettivo di esprimersi completamente. La condivisione di un sapore, frutto di un sapere antico capace di rinnovamento continuo, diventa un elemento chiave per accendere sentimenti e trasformare in meglio la propria vita.

Per maggiori informazioni: Istituto Italiano di Cultura di New Delhi

Gallery

New Delhi. Settimana della Cucina

New Delhi. Settimana della Cucina

New Delhi. Settimana della Cucina

New Delhi. Settimana della Cucina

New Delhi. Settimana della Cucina

New Delhi. Settimana della Cucina

Ti potrebbe interessare anche...

Naviga tra gli articoli