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Intervista a Lorenzo Berardi, autore di "Radiocronache"
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Intervista a Lorenzo Berardi, autore di “Radiocronache”

Categorie: Storia e attualità -Cultura e creatività -Editoria e Letteratura
Il giornalista, ospite dell'Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, presenta il libro sulle storie delle emittenti italofone d’Oltrecortina negli anni della Guerra Fredda.
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Come è nata questa tua passione per la storia delle trasmissioni radiofoniche e, più in particolare, l’idea per questo libro?

Ho cominciato a fare il giornalista diciotto anni fa in una stazione radio italiana. In seguito, dopo essermi trasferito all’estero per lavoro, ho continuato a collaborare con emittenti radiofoniche, prima in Norvegia e poi in Olanda. Nel 2018, quando già vivevo a Varsavia, mi sono imbattuto in un documentario su una radio che trasmise in italiano da Praga. A quel punto ho deciso di scriverne per capire quali altre emittenti fecero altrettanto dall’Europa orientale durante la Guerra Fredda, che tipo di contenuti diffusero e chi le animò. Il libro è nato dalla raccolta di queste storie, fra registrazioni, documenti d’archivio, interviste ad ex redattori ed ex ascoltatori.

Tra tutte le storie in cui ti sei imbattuto nel corso delle tue ricerche per la scrittura di “Radiocronache”, ce ne racconti un paio che ti hanno particolarmente colpito?  

La prima risale al ’68 cecoslovacco, quando gli invasori sovietici attaccarono Radio Praga e la chiusero con la forza. I suoi redattori locali trovarono allora ospitalità nella sede di Oggi in Italia, una stazione radio clandestina creata a Praga dal PCI anni prima, e da lì continuarono a trasmettere per vari giorni i loro appelli alla popolazione a resistere, prima di essere scoperti e messi a tacere. La seconda avvenne in Romania, il 25 dicembre 1989 al termine della rivoluzione che pose fine alla dittatura di Ceausescu. Quella sera Radio Bucarest italofona riaccese i microfoni e una sua redattrice augurò in diretta il Buon Natale agli ascoltatori: durante il regime era proibito farlo. Fu quindi un inconfondibile segno di rottura con il recente passato appena conclusosi.

Quale pensi che sia stato il contributo politico, culturale e umano di queste radio italofone nei paesi d’Oltrecortina, in un periodo così delicato e turbolento della storia mondiale?

In decenni assai complessi queste stazioni radio contribuirono, a modo loro, al dibattito politico, economico e culturale fra l’Italia e i Paesi d’Oltrecortina. Formarono decine di giovani italiani all’estero al giornalismo e instaurarono quasi sempre un rapporto amichevole duraturo con il proprio pubblico. Chi le ascoltò fu soggetto a propaganda, certo, ma ricevette anche informazioni pratiche e culturali su nazioni delle quali all’epoca si sapeva molto poco ed era difficile visitare liberamente. Dopo gli eventi dell’89, tutto questo facilitò il dialogo fra tanti italiani e i cittadini degli ex Paesi d’Oltrecortina. Chi si sintonizzò su queste radio, inoltre, disponeva di strumenti migliori per riconoscere la propaganda diffusa a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e filtrarla, in quanto essa riproponeva retoriche divisive adoperate sull’etere da queste emittenti anni addietro.

Quale messaggio può trasmettere questa esperienza (ormai conclusa) alla società contemporanea?

Queste esperienze radiofoniche avvennero in un contesto nel quale il controllo dall’alto sui contenuti effettuato dei vertici delle emittenti di Stato al cui interno tali sezioni italiane operavano era spesso pervasivo. Eppure alcune delle redattrici e dei redattori di cui scrivo provarono a raccontare fatti e a diffondere cultura lo stesso, in italiano. Non sempre ci riuscirono e talvolta furono licenziati per questo, ma il loro esempio mostra quanto fosse e resti importante l’integrità morale per chi fa giornalismo. Oggi programmi in italiano sono ancora trasmessi da Capodistria, Bucarest, Tirana. Diffondono contenuti informativi e culturali apprezzati dai loro ascoltatori e mi auguro che continuino a farlo a lungo.

Dopo Varsavia, ci sarà una presentazione anche negli altri Paesi di cui parli nel tuo libro?

In questi mesi ci sono stati alcuni contatti in merito con altri due Istituti italiani di cultura nell’Europa centro-orientale e spero che il loro interesse si concretizzi. In particolare sarebbe significativo portare il libro a Praga, Budapest, e Berlino, sia per la loro importanza specifica all’interno di ‘Radiocronache’, che per la presenza oggi di ampie comunità italiane in queste dinamiche capitali.

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