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Intervista a Sabrina Mezzaqui in occasione della mostra "Fare piano"
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Intervista a Sabrina Mezzaqui in occasione della mostra “Fare piano”

Categorie: Cultura e creatività -Arti Visive
L'esposizione presso l'Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma sarà visitabile fino al 6 gennaio 2023.
Senza titolo (I) 2006
Senza titolo (I) 2006

– La Giornata del Contemporaneo verte, quest’anno, sul tema dell’ecologia, inscindibile dalla sostenibilità. Quanto è necessario un generale ripensamento del sistema dell’arte contemporanea e in che misura i suoi lavori possono definirsi sostenibili?

Mi chiedo su che parametri si fonda la misura di sostenibilità e se siano applicabili all’Arte. Nei mesi scorsi ho letto Il tempo e l’acqua di Andri Snaer Magnason: L’arte la giustifichiamo con le vendite e il volume d’affari. La cultura e la scienza devono sempre trovare la loro legittimazione nei beni di consumo e nell’occupazione che creano. Il buco nella ruota, il non-essere, non essendo considerato utile in sé, si è via via rimpicciolito, e ormai la ruota della vita ha tutta l’aria di aver quasi smesso di girare…

– In occasione di questa mostra ha presentato le opere, “Senza Titolo (I)”, 2006, “Fiori minuti”, 2019, “Toccacieloscolora”, 2020. Come si inseriscono questi lavori nel suo percorso artistico? È la prima volta che espone negli spazi di un Istituto Italiano di Cultura?

Sono opere che partono dall’interesse per la decorazione fino ad arrivare alla scrittura, elementi ricorrenti nel mio lavoro. Ho collaborato con l’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires nel 2009 e sono stata ospite dell’Ambasciata Italiana in Bangladesh nel 2012 in occasione di una mostra a Dhaka.

– La bellezza e il valore delle sue opere è dettato anche dalla loro leggerezza, dal tempo e la sua sospensione, dalla ripetitività del gesto. Cosa rappresenta e come si sviluppa la sua pratica artistica?

Pratica è una parola con una sua concretezza, quasi materiale. Indica possibilità di realizzazione. Riguarda l’agire, il fare. Mettere in pratica richiede coerenza e si alimenta di consuetudine. Il mio lavoro si fonda su pratiche semplici e ripetitive come piegare, tagliare, tratteggiare, forare, infilare, … Esercizi di attenzione che condivido anche con altre persone. La pratica favorisce conoscenza, sviluppa abilità, induce al silenzio meditativo. La pratica trasforma il pensiero in esperienza. Leggevo che la pratica della copiatura di testi sacri porta grandi meriti spirituali. Il lavoro misteriosamente si alimenta al contempo del vuoto, ambito da praticare.

– Il piacere della semplicità, della condivisione, della pazienza nel fare le cose e nel saper attendere, potrebbero essere gli ingredienti della sua ricetta alla crisi spirituale, prima ancora che culturale, che ha colpito la cultura occidentale? 

Non ho nessuna ricetta per la crisi culturale dell’Occidente. Leggevo in un libro di Donna Haraway (Chthulucene – Sopravvivere su un pianeta infetto) che intanto potremmo imparare a stare col problema (to stay with the trouble). E quindi forse semplicità, condivisione, pazienza, saper attendere sono modalità per stare nella crisi, non cercare scappatoie, soluzioni frettolose… Starci, le difficoltà ci stanno insegnando qualcosa di fondamentale, che abbiamo perso di vista…

– Lei vive e lavora a Marzabotto, in provincia di Bologna, quanta influenza ha esercitato ed esercita ancora il territorio nello sviluppo della sua ricerca?

Intanto vivere in un paese sugli Appennini mi consente un rapporto diretto quotidiano rigenerante con la natura, col fiume, col bosco, con la montagna. Cammino tutti i giorni, nelle variazioni di luce e di clima. Poi il paese in cui sono nata e cresciuta genera in me un senso di appartenenza a un organismo vivente complesso, con la sua storia e le tante persone che fanno comunità.

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Sabrina Mezzaqui

Sabrina Mezzaqui

Sabrina Mezzaqui
Sabrina Mezzaqui

Sabrina Mezzaqui

Toccacieloscolora2020

Toccacieloscolora2020

Toccacieloscolora2020
Toccacieloscolora2020

Toccacieloscolora2020

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