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Lettori per l’italiano #4. Chongqing
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Lettori per l’italiano #4. Chongqing

Categorie: Lingua e formazione

Intervista con la Lettrice Vincenza Armiento

Lettori per l'italiano
Lettori per l’italiano

A cura di Annarita Guidi, Margherita Marziali e Ilaria Taddeo

 

Per il ciclo di interviste della rubrica Lettori per l’italiano, diamo la parola a Vincenza Armiento. Esperta in didattica della lingua e cultura italiana, attualmente Lettrice MAECI a Chongqing, è stata Ambasciatrice Erasmus per la formazione dei docenti italiani e la diffusione delle lingue straniere.

Sappiamo che in Cina, per ragioni legate sia alle relazioni commerciali sia al patrimonio culturale, si è consolidata una crescita della domanda di corsi di lingua italiana. Ciò avviene anche in ambito universitario, sebbene l’italiano (per ragioni legate all’organizzazione del sistema scolastico cinese e del passaggio dalla secondaria di secondo grado all’università) non sia materia curricolare nelle scuole superiori. Considerata la distanza linguistica, come affronta le prime fasi del percorso didattico con i suoi studenti?

Perché uno studente cinese che non ha mai studiato l’italiano decide di iscriversi al corso di Italianistica? A seguito di un’indagine da me svolta è emerso che la scelta operata dagli studenti cinesi è dovuta all’interesse per l’arte, il patrimonio artistico, la musica, la letteratura, la storia, la moda, e lo sport in Italia. Nessun accenno all’economia o al proseguire con studi economici o giuridici. Quest’ultimo dato conferma anche quanto emerso da un confronto con il Responsabile Ufficio Visti del Consolato Generale d’Italia a Chongqing, che valuta anche le richieste degli studenti cinesi che intendono recarsi in Italia per motivi di studio. Tre studenti, inoltre, hanno affermato che la loro scelta è stata determinata dal voto basso all’esame “Gaokao” [il Gaokao è l’esame che gli studenti, alla fine della scuola superiore, devono sostenere per essere ammessi all’università; viene redatta una graduatoria nazionale, e gli atenei si differenziano per livelli di sbarramento dell’accesso basati sui voti minimi di Gaokao richiesti; l’italiano come lingua straniera, al momento, non è materia di Gaokao e non consente quindi di ottenere punteggio, ndr]. Questo fa pensare che ci sia una maggiore richiesta degli studenti cinesi verso lo studio di lingue considerate “maggiori”, la cui frequenza richiede, data la maggiore domanda, un punteggio all’esame “Gaokao” più alto.

Insegnare italiano a uno studente cinese che poco o addirittura niente sa dell’italiano, con un bagaglio culturale molto diverso, richiede una preparazione glottodidattica approfondita, la conoscenza di metodologie e strategie efficaci che non è possibile improvvisare. Gli studenti cinesi del primo anno del corso di laurea di Italianistica della SISU (Sichuan International Studies University) di Chongqing, frequentando un corso di laurea e non un semplice corso di lingua, si trovano a dover conseguire risultati tali da permettere loro di affrontare lo studio in italiano anche di discipline dal linguaggio complesso come: Storia, Letteratura, Civiltà e Società, eccetera. Da questo emerge la necessità di motivare gli studenti e rafforzare in loro la capacità di resistere alle difficoltà che l’italiano presenta con l’aiuto del docente.

Al primo anno il lessico di base viene appreso anche utilizzando oggetti, foto, immagini, disegni, CDrom e video, situazioni task based, role play contestualizzati e con l’uso del nuovo vocabolario in strutture semplici e via via più complesse. Per quanto afferisce alla fonetica, essendo il sistema fonetico italiano più semplice rispetto a quello cinese, gli studenti non si trovano ad affrontare particolari problemi. Il cinese, infatti, è una lingua tonale e la variazione di tono attribuisce significato diverso a gruppi vocalici o consonantici all’apparenza identici, cosa che non avviene in italiano. Ma, nonostante gli studenti cinesi non commettano particolari errori fonetici, la pronuncia della nostra “r” darà loro numerose difficoltà così come il digramma “gl”. Altra difficoltà sarà costituita dall’uso degli articoli, non presenti nella lingua cinese, o dalla differenza tra maschile e femminile dei nomi e degli aggettivi, dal plurale e dalla coniugazione dei verbi.

Come lavora affinché l’interesse dei giovani studenti cinesi per l’arte e la cultura italiana ricada positivamente sul loro processo di apprendimento della lingua?

Lo studente è sempre al centro di tutto il processo di apprendimento e, anche se gli studenti cinesi sono abituati ad un insegnamento che io definisco docentrico, cioè incentrato invece sul docente, cerco, con risultati non sempre ottimi ma per la maggior parte soddisfacenti, di renderli  protagonisti del loro processo di apprendimento, basando il mio intervento sull’approccio umanistico-affettivo di Carl Rogers con strategie che tengono conto di momenti specifici relativi a diversi aspetti: la motivazione (revisioni, esplicitazione di obiettivi, attività preparatorie), la piacevolezza (approccio ludico), l’accessibilità, la funzionalità, l’accomodamento.

Essendo, quindi, l’approccio centrato sulla persona, la mia strategia didattica tiene conto delle modalità di apprendimento di ciascuno studente, dei tempi e delle funzionalità del mio intervento, non escludendo momenti di apprendimento mnemonico, a cui gli studenti cinesi sono abituati. L’aver costruito un sito web, dove vado periodicamente a riportare i contenuti affrontati in classe, serve allo scopo del loro bisogno di rivedere costantemente ciò che si è appreso, così come sono abituati.

La motivazione all’apprendimento è un fattore molto importante nell’ambito dell’intervento didattico, così come la comunicazione che si esercita in ambito fattuale e partendo da bisogni comunicativi relativi a situazioni precise che si vengono a creare e nelle quali agli studenti è chiesto di interagire tra di loro, come potrebbe accadere in una reale situazione di vita. Quindi, gli studenti imparano a presentarsi, a raccontare di sé, a chiedere informazioni sempre più complesse, a scambiarsi informazioni, a operare ipotesi. La comunicazione è alla base del mio intervento didattico e la creazione di storyboard permette agli studenti non solo di usare le funzioni comunicative e il lessico appresi, ma anche di creare storie e ricercare informazioni per la costruzione della storia da presentare.

Nei miei due anni con gli studenti cinesi, ho altresì appreso che le attività teatrali riscuotono un grande successo e ogni anno scrivo per loro dei copioni e dirigo tutte le fasi delle rappresentazioni, alcune con riscritture di opere famose italiane. In occasione della settimana della Lingua 2021, abbiamo rappresentato in italiano una versione moderna dell’Inferno di Dante, che ha riscosso un grande successo e prossimamente sarà rappresentata anche in cinese.

Oltre alla lingua parlata insegno anche scrittura, poesia moderna e contemporanea, letteratura, mitologia, retorica e ho tenuto anche un corso di filosofia e storia. Ho fatto partecipare gli studenti ad alcuni concorsi letterari per farli sentire parte della nostra grande comunità letteraria italiana e grande successo ha riscosso la partecipazione degli studenti della SISU a “#200infinito”, in occasione dei 200 anni dell’Infinito di Leopardi, iniziativa lanciata da Casa Recanati e dal MIUR (oggi MI e MUR), così come riportato su molte testate giornalistiche italiane.

Rispetto al semestre di lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19 (gennaio-luglio 2020), quale bilancio potrebbe tracciare sull’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a scopo didattico?

Durante il periodo di lockdown, essendo rimasta bloccata in Italia, ho dovuto svolgere le lezioni on line, utilizzando la DAD, per la quale mi sono avvalsa delle competenze informatiche possedute e utilizzate in qualità di Ambasciatrice Etwinning nell’ambito dell’azione Erasmus, nei vari progetti Etwinning ed Erasmus realizzati con tante scuole europee e nei corsi di formazione tenuti da me per i docenti delle scuole italiane. La difficoltà maggiore è stata trovare una piattaforma funzionante in Cina in quanto, come si sa, il Firewall cinese blocca molti siti della rete, soprattutto quelli legati a Google, a WordPress e anche portali utilizzati per la didattica. Dopo tante ricerche e confrontandomi costantemente con gli studenti tramite WeChat (piattaforma di comunicazione cinese simile a WhatsApp ma con più funzioni rispetto a quest’ultima), ho deciso di utilizzare la piattaforma di Weschool, perfettamente funzionante in Cina senza VPN.

Con il passaggio alla tecnologia ho potuto constatare l’emergere di alcune differenze in termini relazionali, rispetto alla situazione comunicativa che si instaura normalmente tra docente e studente nella lezione in presenza: gli alunni, in chat, si sentono più stimolati a intervenire, chiedono molto spesso dei chiarimenti, sempre con un atteggiamento rispettoso ed educato; invece ho notato un calo nella performance degli studenti nelle lezioni di conversazione, ma di questo non sono particolarmente sorpresa. Infatti, è risaputo che parlare è un atto imitativo, e quando si insegna una funzione comunicativa non la si insegna solo per sintagmi e parole, ma è il messaggio mimico a diventare il tramite privilegiato per accedere alla comprensione e all’uso della parola.

Tra le tante sfide che il contesto cinese pone, ci sono le differenze di carattere culturale che si riflettono sulla didattica. Ad esempio, l’autovalutazione – così come viene gestita in Europa – non è presente nel sistema cinese. Come ha lavorato su questo aspetto?

Realizzo delle pagine di portfolio, attraverso le quali gli studenti possono valutare il proprio processo di apprendimento e quanto da loro appreso, i loro punti di forza e le loro debolezze linguistiche. I dati che emergono dall’analisi delle risposte date ai diversi moduli mostrano, il più delle volte, un comune atteggiamento sfiduciato nei confronti delle proprie capacità e delle proprie potenzialità. Per questo è importante lavorare alla costruzione di un percorso di apprendimento condiviso, che li spinga a coltivare l’autostima e a rafforzare la metacognizione, prendendo consapevolezza dei propri progressi.

Quali sono, di contro, gli elementi della cultura cinese sui quali ha potuto fare leva in maniera significativa per la sua attività?

La scuola cinese è molto competitiva e gli studenti sono abituati a mostrare le proprie capacità, a farsi valutare ed essere riconosciuti eccellenti. Un aneddoto che mi ha fatto molto riflettere è stato quello dell’assegnazione di un personaggio in una rappresentazione teatrale. Per lo stesso personaggio concorrevano due studentesse e una delle due mi chiede di mettere a confronto la loro bravura, così avrei potuto scegliere chi far partecipare. Se avessi accettato il suggerimento una di loro sarebbe stata esclusa; invece, ho fatto capire che a me interessava che il gruppo migliorasse la competenza linguistica e più studenti avrebbero partecipato, più il gruppo ne avrebbe giovato. Ho, così, creato un altro personaggio, simile al primo, in modo che entrambe le studentesse potessero prendere parte alla rappresentazione. Di solito, in ogni attività, prediligo l’intervento del gruppo a discapito dell’eccellenza del singolo e istituisco figure di tutor, a supporto dei più deboli, così come l’approccio umanistico-affettivo prevede.

Questo mio modo di intervenire ha rafforzato anche lo spirito di solidarietà tra loro, e noi docenti occidentali sappiamo bene che si lavora meglio quando tutto il gruppo partecipa e nessuno si sente incapace. Permettere a tutti la partecipazione garantisce la non esclusione di nessuno, evita i fallimenti e il mio compito di lettrice MAECI è volto alla diffusione della lingua e della cultura, dunque al successo di tanti che apprezzino, valorizzino e utilizzino, come piccoli semi che crescono fino a diventare piante, la nostra cultura, così invidiata dal mondo intero.

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