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Lettori per l'italiano #3. Tunisi
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Lettori per l’italiano #3. Tunisi

Categorie: Lingua e formazione -Non categorizzato -Cultura e creatività

Intervista con il lettore Raimondo Fassa

Lettori per l'italiano
Lettori per l’italiano

A cura di Ilaria Taddeo, Margherita Marziali e Annarita Guidi

La nostra rubrica “Lettori per l’italiano” continua con il Lettorato di italiano all’Università di Manouba, a Tunisi.

Raimondo Fassa è professore di ruolo di Italiano e Storia negli Istituti superiori e professore a contratto di Politiche pubbliche dell’Unione Europea presso l’A.S.E.R.I. (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali) dell’Università Cattolica. Dal novembre 2015 è Lettore di Italiano al Campus Manouba di Tunisi, dal 2018 con incarichi extra-accademici all’Istituto Italiano di Cultura.

 

Guardando ai dati più recenti sulla diffusione dell’italiano in Tunisia, il Lettorato sembra svolgere un’azione essenziale per la promozione della nostra lingua nel Paese, tra la centralità dell’arabo e del francese e la concorrenza di altre lingue straniere. Qual è il profilo dell’utenza dei corsi di italiano, alla luce del particolare contesto di insegnamento?

Per quanto riguarda l’utenza dei corsi di italiano, occorre fare una premessa che riguarda l’organizzazione generale degli studi. Terminate le medie superiori, gli studenti che intendono iscriversi all’università sono chiamati a esprimere le loro preferenze in ordine scalare. Le facoltà più ambite sono quelle che aprono gli orizzonti occupazionali più promettenti, e quindi quelle tecnico-scientifiche (ad esempio Medicina, Ingegneria, Informatica, Economia): quelle umanistiche stanno, per così dire, in fondo alla classifica. Ma l’assegnazione ai corsi universitari da parte dello Stato avviene sulla base del punteggio conseguito a quella che per noi è la Maturità. Di conseguenza, gli studenti che si iscrivono a Lingue straniere in genere non sono i più dotati. Questo non è un bene, poiché in questo modo il livello generale degli studi nel settore umanistico tende sempre più ad abbassarsi.

Vi è poi almeno un altro fattore di criticità, anch’esso legato all’ordinamento scolastico tunisino. A partire dal 1987 (ossia nei primi anni del regime di Ben Ali) lo studio della Storia nelle medie superiori è venuto sostanzialmente a escludere il mondo antico. Entrambe le ragioni assumono un particolare peso al Campus Manouba (l’università a cui sono stato assegnato come Lettore), che, per lo studio dell’Italiano, si distingue profondamente dalle altre istituzioni universitarie del Paese. Manouba infatti è l’unica università che contempla un corso completo di Italiano, comprendente la Licence (di tre anni, corrispondente alla nostra Laurea Triennale), il Master (di due anni, corrispondente alla nostra Laurea Magistrale) e il Doctorat (corrispondente al nostro Dottorato). Inoltre Manouba è l’unica università a dare allo studio dell’italiano un’impronta specificamente umanistica: il curriculum comprende anche corsi di Letteratura italiana, di Storia medievale, moderna e contemporanea, di Storia della Lingua, di Linguistica e di Filologia. Le altre università del Paese presentano soltanto corsi di Licence, e di orientamento più “pratico”, soprattutto a indirizzo tecnico e commerciale.

Le motivazioni che spingono gli studenti a iscriversi sono quindi di carattere “residuale”?

Per quanto riguarda Italiano (non so per le altre lingue), direi comunque di no. Tutte le volte che mi è capitato di domandare: “Perché, fra tante lingue straniere, avete scelto proprio l’italiano?”, la risposta è stata: “Perché l’italiano è una lingua musicale”. E quando ho cercato di far precisare il significato del termine “musicale”, mi son sentito rispondere (solo da alcuni) con dei “quasi sinonimi”, come “melodioso” o “armonioso”. Ma la risposta “vera” va cercata a un livello più profondo, raggiungibile solo tramite colloqui più privati. L’amore dei tunisini per l’italiano è il frutto di una vera e propria fascinazione che l’Italia esercita su di loro. Per molti fra noi italiani (che siamo sempre un po’ troppo disponibili ad autodenigrarci) ciò può apparire incomprensibile. Ma per i miei studenti l’Italia è una sorta di “Paese di innocenza”, fatto di arte, di bellezza, di armonia (e – perché no? –  di ricchezza) di cui a loro piacerebbe fare parte. E ciò non fa che riflettere il “medio sentire” dei tunisini medi, i quali ad esempio, quando la nostra Nazionale gioca contro qualsiasi altra squadra del mondo, tifano sempre per noi. Del resto, molti di loro conoscono, sia pur rudimentalmente, la nostra lingua perché… l’hanno imparata alla televisione! Le prime trasmissioni diffuse in Tunisia a partire dai primi anni Sessanta furono infatti quelle della nostra RAI… Insomma, qui tutti sembrano considerare noi italiani come… dei tunisini che ce l’han fatta! L’Italia è per loro una sorta di “terra promessa”, a cui molti aspirano, ma che accoglie solo pochi. In sei anni di mia permanenza qui a Tunisi, solo quattro (per quanto mi risulta) sono riusciti a “espatriare”, aggiudicandosi borse di studio che hanno permesso o permetteranno loro di conseguire la Laurea Magistrale presso atenei del nostro Paese. Le difficoltà sono molte, di tipo prevalentemente amministrativo ed economico.

Passando alla didattica, qual è lo svolgimento ordinario di una lezione nei suoi corsi?

È necessario premettere che lo stile didattico – e il conseguente rapporto fra docente e discenti –  è diverso da quello italiano. Questa è almeno l’impressione che ne ho ricavata io. Gli studenti sembrano avere una vera e propria “venerazione” per il professore. Ascoltano in silenzio, di rado fanno domande, e non intervengono quasi mai. Per farli parlare, bisogna sollecitarli a lungo, e in genere (dopo non poche esitazioni) si ottengono risposte poco più che monosillabiche. Sembra quasi che cerchino la risposta “esatta”, intendendo per tale “ciò che il professore si attende che loro dicano”. Solo chi non ama l’insegnamento o chi non ne ha esperienza può considerare questa una situazione ottimale. Questo atteggiamento rende difficoltoso l’instaurarsi un vero processo di insegnamento-apprendimento. Tanto più che siamo all’università: un luogo dove si dovrebbero acquisire non solo nozioni, ma anche capacità di dialogo e di senso critico. Io però ho dovuto constatare che un altro tipo di studenti – quelli di scuole di musica, di teatro, di arte, e anche di italiano a indirizzo “tecnico” –  presenta un carattere più partecipativo e partecipante. Perciò io credo che ci siano motivi più specificamente riconducibili a Manouba, dovuti sia alla sua collocazione geografica sia alla composizione sociale del suo “corpo studenti”. Manouba è un campus situato molto lontano dal centro di Tunisi. Questo fa sì che la maggior parte dei miei studenti (tanto più che si tratta per lo più di studentesse) a Tunisi si rechi piuttosto di rado: la quasi totalità di loro non ha mai visitato il Museo del Bardo, non è mai stata a teatro, va assai di rado al cinema. È chiaro però che studenti che hanno scarse esperienze di vita extrascolastica, proprio negli anni in cui si dovrebbe consolidare la loro formazione, difficilmente svilupperanno quell’attitudine al dialogo e quello spirito critico che, a mio avviso sommesso ma fermo, dovrebbero costituire il “sale” della vita universitaria. Vero è che a Manouba vengono studenti un po’ di tutto il Paese. E qui risiede il secondo motivo di difficoltà nel condurli a dialogare. In Tunisia studiare in un’ università di Stato costa pochissimo. È chiaro che al sistema pubblico si rivolgono gli studenti le cui famiglie versano in difficoltà economiche, che si iscrivono all’università anche alla ricerca di una promozione sociale. In Tunisia inoltre esiste una notevole disparità di livello economico tra la fascia costiera orientale – una striscia di terra larga una ventina di chilometri dal mare e che si stende da Bizerte a Sfax passando per Tunisi, che è la più ricca –  e le zone dell’interno e del Sud, assai meno sviluppate. Da quest’ultima provengono almeno i due terzi dei miei studenti. Uno di loro, che viene da lì, un giorno mi ha confidato che i suoi genitori non sanno leggere né scrivere…

Riguardo allo svolgimento di una lezione, dipende se si tratta di Didattica dell’Italiano orale o di altre discipline. Per la Didattica dell’Italiano orale, suddivido la lezione in due parti. Nella prima faccio loro vedere e sentire in videoproiezione una canzone tradizionale italiana. Le canzoni sono scelte in modo da costruire una sorta di “ministoria” d’Italia dal boom economico a oggi. Si va, insomma, da Modugno a Bennato! Subito dopo do loro il testo, che leggiamo e spieghiamo insieme. Poi faccio risentire la canzone e (se c’è tempo e non ci sono troppi riottosi) la cantiamo assieme. La seconda parte della lezione consiste invece nella visione di un episodio, della durata di pochi minuti, di una sit com appositamente creata per la didattica dell’Italiano, dedicato a uno specifico approfondimento grammaticale. Gli studenti vengono poi invitati a un dialogo fra loro a partire dalla situazione. Diverso è il caso delle altre discipline (in questi anni infatti mi sono stati occasionalmente affidati anche corsi di Storia, di Storia dell’Arte italiana e, approfittando del fatto che sono laureato pure in Legge, di Diritto inteso come forma di linguaggio non letterario). Qui infatti si tratta di trasmettere innanzitutto alcuni concetti fondamentali, di cui gli studenti sono privi. Potrà sembrare strano, ma bisogna spiegare, ad esempio, come si calcola la cronologia, quali sono le fondamentali epoche storiche, in quale epoca c’è stato l’Impero romano, come si calcola la scala di una carta geografica. Per quanto possibile, cerco di trasmettere queste nozioni mentre vado spiegando uno specifico argomento. Nel contempo, segnalo delle indicazioni bibliografiche, soprattutto di materiale reperibile tramite Internet, di cui spesso sono io a fornire loro la versione cartacea.

Un altro dei problemi che si riscontrano qui in Tunisia è la scarsa reperibilità di libri in italiano. L’unica editoria straniera presente (e massicciamente) a Tunisi è infatti quella francese, e la nostra “Sala Italia” (pur potenziata negli ultimi anni anche grazie a interventi della nostra Ambasciata) non sempre ha i testi adatti. È chiaro che, in una situazione del genere, la tradizionale “lezione frontale” – pur accompagnata da una discussione finale al termine (quando si riesce a provocarla) – è l’unica realistica soluzione.

Lei è un Lettore con incarichi extra-accademici. Quali sono le principali collaborazioni in cui è stato coinvolto ed è attualmente impegnato per la promozione della lingua e della cultura italiana?

Gli incarichi extra-accademici mi sono stati conferiti quando ero qui da quasi tre anni, cioè a partire dal mese di settembre del 2018, e sino a oggi sono stati sempre rinnovati di anno in anno. All’assunzione dell’incarico, ho concordato con la Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi, Maria Vittoria Longhi, le iniziative a cui avrei potuto dare un contributo, tenuto conto anche dei miei impegni all’università. Innanzitutto sono stato incaricato di tenere i contatti con i professori italianisti degli altri atenei e degli istituti universitari presenti sul territorio, di conoscere le loro iniziative e di aderire alle loro richieste di collaborazione. Un altro compito è consistito nel coadiuvare la Direttrice nel seguire le attività di EUNIC, il pool delle Agenzie culturali dei Paesi UE presenti a Tunisi. Fra i suoi compiti, rientra anche l’attività di indirizzo e controllo su Tfanen. Quest’ultimo è un importante Programma di intervento dell’UE a sostegno in Tunisia della cultura, intesa anche e soprattutto nelle sue implicazioni economiche e sociali. Un terzo incarico sono stati i Caffè letterari, forse quello che mi ha dato maggiore soddisfazione, e che ha avuto maggiori sviluppi. Da tempo la Direttrice Longhi aveva, infatti, ravvisato l’esigenza di comunicare i vari aspetti della cultura italiana in maniera immediata e diretta, anche al di là delle numerose occasioni ufficiali in cui è coinvolto l’Istituto. Bisogna tenere conto del fatto che qui  – oltre ai molti tunisini che, come ho detto, sono “innamorati” di tutto ciò che è italiano –  ci sono pure molti italiani (soprattutto a Tunisi, a La Marsa e a Hammamet, che non è molto lontana), in gran parte in pensione, che volentieri partecipano a incontri sulla cultura italiana, purché, per così dire, “leggeri”, cioè gradevoli, non accademici (anzi, volutamente “antiaccademici”), e fruibili anche da parte di chi non abbia una preparazione specifica. Il primo ciclo di incontri ha avuto luogo nel Salone dell’Istituto nel primo semestre del 2019. L’iniziativa ha avuto un discreto successo (anche grazie alle anticipazioni fatte sulla Radio Nazionale Tunisina nelle sue trasmissioni in lingua italiana), e così si è deciso di ripresentarla nel 2020, per il quale è stato concordato che io tenessi altre cinque conferenze.

Immaginiamo che il coordinamento con l’IIC sia stato fondamentale anche per l’organizzazione delle iniziative legate alla celebrazione del Settecentenario dantesco…

Certamente! Una parte significativa delle attività legate al settimo centenario dantesco è stata infatti la produzione di video – anche per rispondere alle restrizioni imposte dalla pandemia –  le cui tematiche sono state concordate con la Direttrice Longhi: Dante, chi sei? “Uno di noi” o un’“icona pop”? (un viaggio nei ritratti di Dante dal Trecento al Cinquecento), I mille volti di Dante (la continuazione di quel viaggio dal Cinquecento ai giorni nostri), la videorecensione al libro di Raffaele Campanella, Leggere Dante: come e perché, la videorecensione al Dante di Alessandro Barbero, Dante e il suo “doppio”, Pier Delle Vigne (una lettura commentata del canto XIII dell’Inferno). Tutti hanno ottenuto un buon numero di visualizzazioni, tanto che è da poco uscito  un altro video, consistente nella mia lettura con commento dell’episodio di Paolo e Francesca, nel Canto V dell’Inferno.

Lo sforzo più grande è però consistito nel curare la ricerca e la sceneggiatura per il docufilm Virgilio, “duca” di Dante, realizzato dall’Istituto, in accordo col Corriere della Sera, per la “tre giorni” del “Dantedì”: dodici Istituti Italiani di Cultura (fra cui appunto quello di Tunisi) sono stati per quell’occasione invitati a realizzare altrettanti video, imperniati sulla ricezione e sulla presenza di Dante nel Paese in cui sono chiamati a operare. Virgilio, che guida Dante nell’Inferno e nel Purgatorio, era a nostro avviso la figura ideale, sia per il famoso mosaico del Bardo, sia per le vicine rovine di Cartagine, dove si svolge e si consuma l’infelice amore di Didone per Enea cantato nel libro IV dell’Eneide. Sempre nell’ambito delle celebrazioni dantesche, ho collaborato all’organizzazione del Convegno su Dante che si è tenuto a Tunisi in autunno, in occasione della Settimana della lingua, avente per tema “Dante, l’italiano”. Enumero volentieri tutti questi lavori, perché li ho fatti con passione. È davvero bello lavorare per diffondere la cultura italiana!

Può fare un bilancio di questa esperienza, considerando anche l’impatto della pandemia sulle attività didattiche e di promozione linguistico-culturale?

L’emergenza Covid non ci ha fermati, anzi l’Istituto ha intensificato la sua attività on line. Qui mi limiterò a parlare delle iniziative a cui ho partecipato io, ma ve ne sono moltissime altre, tutte visibili sul nostro dominio Facebook. Inizialmente (considerata la mia totale inesperienza nel settore…) ho realizzato in modo “artigianale” (registrandoli col telefonino coadiuvato dalla bravissima segretaria Myriam Mouroux) una serie di brevi videointerventi dedicati a momenti e problemi della nostra cultura, che sono stati raccolti sotto il titolo di Pillole di cultura italiana. Si tratta di undici piccoli video di pochi minuti l’uno: sette su Michelangelo poeta, uno su Autoritratti di poeti (Alfieri, Foscolo e Manzoni), una lettura dell’Infinito di Leopardi, la lettura del Risotto alla milanese di Carlo Emilio Gadda e di Come si appronta un pranzo (da La Cometa di Riccardo Bacchelli), commentati favorevolmente dal pubblico e dalla stampa locale. Poi siamo divenuti più “esperti”, e abbiamo potuto incominciare a produrre video più lunghi e strutturati, facilmente reperibili, come i precedenti primi tentativi, su YouTube: Corto Maltese, quasi una biografia (in occasione della XX Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, che era imperniata sul fumetto), Fame e fama. Il cibo nella pittura italiana – Omaggio a Philippe Daverio (in occasione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo).

Nel complesso, sono estremamente soddisfatto di questa esperienza. Anzi, rimpiango di non averla fatta prima. Ho sempre avuto una grande passione per l’insegnamento, a cui peraltro ho affiancato anche altre esperienze di vita. Credo si sia capito che sono una persona curiosa e affamata di conoscere. Sotto questo profilo Tunisi è la mia città ideale, a cui mi sono affezionato al punto di scegliere di vivere in una casa araba nel cuore del quartiere della Kasbah. Frequento tutte le possibili manifestazioni culturali e, nel tempo libero, mi capita di collaborare anche agli incontri culturali promossi dal locale Arcivescovato. Ho anche avuto una grande fortuna: quella di trovare nella Direttrice Longhi una persona che mi ha capito e che mi ha saputo valorizzare al meglio nell’ambito del progetto culturale dell’Istituto.

 

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